domenica 19 luglio 2009

De constantia sapientis

Prima che Cronkite morisse, Slate dedicava l'apertura alla masturbazione nel regno animale.
A quanto pare, non siamo le uniche bestie dedite all'autoerotismo. I cavalli battono ritmicamente il pene eretto sullo stomaco. Cani e gatti usano le zampe anteriori, mentre i trichechi adoperano le pinne. Pure i porcospini sfregano i genitali contro oggetti inanimati. Le più ardenti e operose sono le scimmie: le femmine di orangotango ricavano primitivi dildo da bastoni e pezzi di liana.
Se persino i ciwawa si fanno le seghe, allora la masturbazione non può essere solo un sottoprodotto della nostra fisiologia (ovvero un orrido peccato). Piuttosto, pare sia un tratto evolutivo (fottiti sesto comandamento). Una recente ricerca scientifica ha trovato una correlazione positiva tra la qualità dello sperma e l'assiduità nell'autoerotismo: il ricambio generazionale funziona, almeno per gli spermatozoi. Dunque, ceteris paribus, chi si fa più pippe ha maggiore probabilità di avere successo nella selezione naturale.
Tuttavia, alle giustificazioni evoluzioniste preferisco il fondamento filosofico. La masturbazione è un atto estremo di libertà. La dipendenza sessuale rende l'uomo un animale sociale, quindi schiavo di altri e non di se stesso. Solo l'autoerotismo può condurre all'autarchia stoica.

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