Morgan stasera ha suonato a Cremona (performance discreta: un pubblico televisivo non l'ha avvampato).
Di Morgan mi interessa solo superficialmente l'aspetto musicale. Quello che più mi affascina è il suo modo ingenuo di essere se stesso. Morgan ha un'idea platonica di artista, e vi aderisce in modo acritico. I costumi barocchi, l'eloquio forzato, il citazionismo fluviale.
Trovo stupida l'intelligenza che gli è riconosciuta. Dice le cose giuste al momento giusto, e non c'è nulla di più banale della puntualità. Nell'essere elitario, è convenzionale. Le sue espressioni più ricercate sono già condivise, e per questo risultano d'istinto apprezzabili. Esemplifico. Dire che Tom Waits potrebbe cantare l'elenco del telefono, è un pensiero elitario. Eppure è convenzionale (oltre che una stronzata): chi conosce Tom Waits avrà già sentito questa frase almeno due volte.
Nonostante ciò, sento una simpatia smisurata verso Morgan. Proust dice che i benché sono sempre dei perché misconosciuti. Questo è il caso. Io provo una simpatia smisurata verso Morgan proprio a causa della cecità del suo idealismo. Deve essere l'invidia per l'uomo che non cura la sua ombra stampata dalla canicola sopra un muro scalcinato.
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