domenica 23 agosto 2009

These Are My Twisted Words

Nuovo singolo dei Radiohead. Dubito la versione sia definitiva. Si scarica qui (ovviamente copyleft). A me ricorda particolarmente i primi Pink Floyd con Syd Barrett.

Update: le prolungate vacanze mi hanno impedito di essere sulla breaking news. Non avevo notato che un blogger ne aveva ampiamente già scritto.

sabato 22 agosto 2009

Sindrome di Stendhal

Finiscono domani i campionati mondiali di atletica leggera. Usain Bolt è stato il protagonista indiscusso della manifestazione. Con facilità disarmante, il velocista giamaicano ha frantumato i record dei 100 e 200 metri. Più che le prestazioni in sè, mi ha sorpreso l'attenzione che hanno suscitato. La notizia ha occupato la prima pagina di ogni quotidiano a me conosciuto. Dalla neo-celtica Provincia di Cremona al radical-chic New York Times. L'atletica è uno sport piuttosto popolare. Tuttavia, non è il calcio per i rissosi Latini, né il football per gli Statunitensi (sportivi da mascotte), né il cricket per quella gente old fashioned del Commonwealth.
Vi sono almeno due ragioni per tanto interesse. La prima è l'eccezionalità, la curiosità mossa da ciò che esce dall'ordinario. Un ragazzo negro che corre veloce è come un uomo deforme dai tratti elefantiaci. L'inusuale, finché resta distante, attrae. Confinate la diversità in uno schermo a 17 pollici e un transgender vincerà l'isola dei famosi.
La seconda ragione è estetica. In un articolo sul NYT dell'estate 2006, lo scrittore americano David Foster Wallace definisce "religiosa" la visione di Roger Federer sull'erba di Wimbledon. Nei così detti Federer Moments, il tennista svizzero esprime una "bellezza cinetica" che lo spettatore percepisce sovrannaturale, metafisica. Insomma: religiosa. E' una bellezza che non concerne lo stimolo sessuale e non è influenzata dai canoni culturali correnti. Per questo è così potente e universale. E' una bellezza che riguarda "la riconciliazione dell'essere umano con il fatto di avere un corpo".
Il corpo è spesso fonte di sofferenza. Si ammala, perde i capelli, emana cattivi odori, allo specchio talvolta non soddisfa. In ultima istanza, è il corpo che invecchia e che muore. Tuttavia, osservando la perfetta coordinazione neuromuscolare espressa da Federer, da Usain Bolt e da altri grandi campioni (Michael Jordan, Maradona, Muhammad Ali...), sembra di poter giustificare l'esistenza del corpo. Per qualche attimo, lo spettatore perdona ai suoi occhi la miopia, sorride all'adipe in esubero e trova una spiegazione per quella gabbia di carne e sangue che zavorra la sua anima.

lunedì 27 luglio 2009

Guttalax

Domani, più o meno, parto per San Sebastian, Spagna. Banksy farà surf con me. Ritorno il 6 Agosto con un nuovo post.
Vorrei rendere il blog più dinamico, ma non so ancora come. Comincio a trovare la forma attuale un po' stringente. Sarei deliziato se aveste qualche lassativo da suggerirmi. Commentate o mandate una mail.

domenica 26 luglio 2009

L'amore sacro e l'amor profano, ancora

C'è altro da dire su senso di colpa e lettura. L'analisi freak-economica di Tyler Cowen può essere integrata. In particolare, c'è una giustificazione per la scelta di terminare comunque un libro iniziato. E' una questione di regola contro discrezione.
Nel rapporto con la lettura, si può decidere di seguire una regola: finire sempre un libro cominciato. Oppure si può decidere di agire con discrezione: per ogni libro cominciato, finire il libro solo se è bello. Teoricamente, se l'obiettivo è leggere per piacere, seguire la regola non è mai meglio che agire con discrezione. Se tutti i libri cominciati sono belli, allora sia seguendo la regola che agendo con discrezione finiamo tutti i libri. Se almeno un libro cominciato è brutto, seguendo la regola finiamo anche il libro brutto, mentre agendo con discrezione possiamo sostituire il libro brutto con un altro, possibilmente bello. Tuttavia, questo ragionamento ha una falla: presuppone la perfetta capacità di valutare la bellezza di un libro. Se pensiamo di poter sbagliare il giudizio su un libro cominciato, allora può essere meglio seguire la regola che agire con discrezione.
Esemplifico. L'urlo e il furore di William Faulkner è un romanzo memorabile. La scrittura di Faulkner, tuttavia, non è immediata. Subendo le influenze dello sperimentalismo europeo di inzio Novecento (Joyce anzitutto), la prosa risulta accidentata. E' necessaria qualche pagina per entrare nel ritmo della narrazione. Qualche anno fa, iniziai a leggere l'urlo e il furore tre volte in un mese. Se avessi agito con discrezione, avrei abbandonato Faulkner al primo tentativo. Poichè seguii la regola, alla terza volta superai pagina sessanta e terminai uno dei migliori romanzi che abbia avuto la fortuna di incontrare.
Carlo Fruttero dice di comprendere il valore di un libro alla quinta riga. Primo, noi non siamo Carlo Fruttero. Secondo, non tutti i libri cominciano così:
A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso "Mi addormento". E, mezz'ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava.

sabato 25 luglio 2009

L'amore sacro e l'amor profano

Ieri il Washington Times ha pubblicato un articolo sul senso di colpa e la lettura. Una maggioranza sovietica di lettori considera peccato capitale non terminare un libro: tradisce la moglie e se ne vanta con gli amici, abbandona un romanzo a metà e non lo sospira neppure al più intimo dei confessori.
Tyler Cowen, economista freak di Marginal Revolution, sostiene che perseguire una fastidiosa lettura è una scelta economicamente sbagliata. Quando iniziamo un libro, promettiamo implicitamente a noi stessi di concluderlo. Rispettare le promesse è importante. Tuttavia, più importante è correggere una decisione errata. L'economia è ricerca dell'allocazione migliore per risorse scarse. Il tempo è la più scarsa delle risorse. Se a pagina cinquanta scopriamo che Oceano Mare è un romanzo di merda, sopportare altro liquame è del tutto inutile. Invece di ostinarci su Baricco, possiamo andare in libreria e acquistare il sublime Cavalli Selvaggi di Cormac McCarthy.
Il senso di colpa della lettura parziale è un fenomeno psicologico tipicamente borghese. Prima dell'invenzione della stampa, i manoscritti erano pregiati come ametiste e solo gli aristocratici possedevano biblioteche personali. Gutenberg rese il libro un gioiello accessibile e l'ascendente borghesia si impossessò avidamente di questo status symbol culturale. Presto, tuttavia, il libro divenne un gioiello troppo accessibile. La borghesia, per proteggere dall'inflazione la recente conquista, conferì al libro un valore assoluto, non di mercato: lo sacralizzò (lo status symbol è un bene posizionale). Una delle conseguenze della sacralizzazione fu la nascita del senso di colpa della lettura parziale. Qualcuno oserebbe recitare il Padre Nostro solo per pochi versi?
Le rappresentazioni teatrali subirono lo stesso processo di sacralizzazione. Fino agli inizi dell'Ottocento, i teatri erano frequentati dalla sola nobiltà. Durante le performance, gli spettatori si alzavano ripetutamente, discutevano dei fatti del giorno, danzavano sotto il palco. A volte, facevano persino richieste agli artisti: immaginate un rubicondo marchese che incita il gracile Mozart a principiare il Dies Irae. L'arrivo della borghesia in platea rivoluzionò le abitudini di melomani e affini. Posti numerati, silenzio, compostezza. L'ultima volta che sono stato alla Scala una signora interrata dall'ombretto ha rischiato un enfisema polmonare piuttosto che un colpo di tosse.
Secondo Flaubert, non bisognerebbe mai toccare gli idoli: la patina della doratura potrebbe restare attaccata alle mani. Idolatrare i libri potrebbe riservare spiacevoli sorprese. Potremmo finire a bruciarli per fare grigliate come il detective-gastronomo Pepe Carvalho.

venerdì 24 luglio 2009

Vietato agli Homer

Il 21 Luglio si è chiusa la sterile campagna di adesione al Partito Democratico. Sono così diventate ufficiali e definitive le quattro candidature alla segreteria: il dalemiano Pierluigi Bersani, il veltroniano Dario Franceschini, il piombino Ignazio Marino, il pokerista Mario Adinolfi. Nella lista non c'è Beppe Grillo. La chiusura del partito al comico genovese è stata totale e compatta, a tratti persino feroce. Motivata da opportunità, serietà o forse ancestrale paura, la scelta non mi è piaciuta. Secondo me Grillo avrebbe dovuto poter concorrere alla segreteria. Per due ragioni.
Primo, vorrei un partito contendibile piuttosto che un partito murato. Se devo scegliere un paio di scarpe, preferisco avere dieci alternative piuttosto che cinque. In aggiunta, si è creato un precedente di discriminazione poco "democratico". Chi decide chi è degno di iscriversi al PD? Quali dovrebbero essere i criteri di selezione? A me, ad esempio, non piacciono i tatuaggi. Come Lisa Simpson, penso siano un modo convenzionale per essere anticonformisti. Allora, a tutti i tuatati dovrebbe essere negata la tessera del PD?
Secondo, la partecipazione di Grillo avrebbe dato rappresentanza ad una componente rilevante degli elettori del PD. Sono pronto a scommettere che almeno il 5% dei democratici legge il blog di Grillo, ed almeno il 20% di essi pensa che Travaglio abbia sostanzialmente ragione. E non faccio stime sugli entusiasti telespettatori di Michele Santoro. Qui sto considerando solo gli attuali elettori del PD. Se dovessi ricordare quelli potenziali, coloro che ora per protesta confluiscono nell'Italia dei Valori o nell'astensionismo, l'impatto delle idee di Grillo sarebbe magnificato. Io penso tutto il male possibile di Grillo e Travaglio. Tuttavia, mi interessano molto coloro che li ascoltano, cittadini affamati di partecipazione che non trovano soddisfazione civica nei partiti regolari. Aver escluso Grillo significa aver escluso questi cittadini, per l'ennesima volta. E questo credo sia stato un errore.

Update: Adinolfi ha ritirato la candidatura e si è schierato con Franceschini. Simile scelta aveva fatto Debora Serracchiani. Pare che Franceschini abbia poltrone per tutti.

giovedì 23 luglio 2009

Difficile est saturam non scribere

La trattativa per il passaggio di Zlatan Ibrahimovic al Barcellona e Samuel Eto'o all'Inter pare essere conclusa. Come viscoso scambio tra mercenari, la vicenda non è di particolare interesse. Come soggetto di una pièce teatrale, invece, merita attenzione.
Non è il Piccolo di Milano e neppure il San Carlo di Napoli. Sono gli studi di Telelombardia, televisione regionale che trasmette ovunque, purchè strettamente a nord del Po. Da un open space foderato di plastica azzurra, va in onda Qui Studio a Voi Stadio (QSVS). Sarebbe un'errore ridurre QSVS al consueto talk-show calcistico. QSVS è il Guggenheim del calcio parlato, la più alta espressione contemporanea della commedia dell'arte.
Tutte le sere (non è un'iperbole: tutte le sere) una compagnia di trenta superbi attori mette in scena uno spettacolo degno del miglior Goldoni. Si alternano sul palco, una decina alla volta. Non seguono un copione, recitano a soggetto. Nelle ultime settimane il canovaccio è stato lo scambio tra il discontinuo genio zingaro di Ibra e quel selvaggio leone di Eto'o. A lungo hanno intrattenuto sui tentennamenti del pastore evangelico Kakà. Uno dei temi prediletti è il burbero filosofo di Setubal, a tempo perso allenatore dell'Inter, Josè Mourinho.
La studiata improvvisazione è il segreto del loro successo. Come nel jazz il basso risponde al sax tenore, così a QSVS lo juventino replica al milanista. Il movimento fondamentale della recitazione è dato dall'antagonismo tra le squadre di appartenenza. Nella tradizionale commedia dell'arte, il servo imbroglione Arlecchino schernisce il presuntuoso dottor Balanzone. A QSVS l'interista Evaristo Beccalossi rinfaccia al cugino rossonero Cristiano Ruiu di essere retrocesso in serie B più di vent'anni fa. Colombina, la svampita servetta, oggi legge le mail dei telespettatori, indossa vistose scollature e si chiama Giorgia Colombo.
Si dice che tutti i grandi registi italiani (eccetto Sergio Leone) abbiano subito l'influenza della commedia dell'arte. Oggi, per conoscere l'espressione contemporanea dell'eredità di Pulcinella, Totò ed Eduardo De Filippo, basta sintonizzarsi su Telelombardia verso le nove di sera (di una qualunque sera) e aspettare con trepidazione la prima battuta di Marcello Chirico.